La Chiesa ha un proprio ordinamento giuridico costituito dal diritto canonico. Ha quindi anche una propria struttura giudiziaria per giudicare sulla corretta applicazione del diritto. La facoltà di ius dicere, ossia di giudicare e dirimere le controversie applicando il diritto, è parte della potestà di giurisdizione.
In quanto parte della potestà personale e piena di governo, la potestà giudiziale appartiene in modo proprio agli organi gerarchici capitali (il Papa e i Vescovi, nei rispettivi ambiti). Tuttavia la potestà giudiziale si esercita normalmente in modo vicario attraverso uffici e strutture stabilmente costituite (i tribunali ecclesiastici) per un determinato ambito di competenza territoriale o personale.
Ai sensi del can. 221 CIC è diritto dei fedeli rivendicare e difendere legittimamente i diritti di cui godono nella Chiesa presso il foro ecclesiastico competente a norma del diritto.
Secondo il can. 1401 CIC, la Chiesa per diritto proprio ed esclusivo giudica:
1) le cause che riguardano cose spirituali e annesse alle spirituali;
2) la violazione delle leggi ecclesiastiche e tutto ciò in cui vi è ragione di peccato, per quanto concerne lo stabilirne la colpa ed infliggere pene ecclesiastiche. Oggetto del giudizio canonico, secondo il can. 1400 CIC, sono:
- i diritti di persone fisiche o giuridiche da perseguire o da rivendicare, o fatti giuridici da dichiarare come i processi di nullità matrimoniale [cause contenziose];
- i delitti per quanto riguarda l’irrogazione e la dichiarazione della pena [cause penali];
- le controversie insorte per un atto di potestà amministrativa, che possono tuttavia essere deferite solo al Superiore o al tribunale amministrativo [controversie amministrative].