Matrimonio e nullità

Il matrimonio nell’insegnamento della Chiesa e nel diritto canonico

I principi basilari dell’ordinamento matrimoniale presentano il matrimonio come un patto coniugale con cui un uomo e una donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, patto che per sua natura è ordinato al bene dei coniugi e alla procreazione ed educazione della prole (cf. canone 1055 § 1 CIC). Le sue proprietà essenziali sono l’unità e l’indissolubilità (canone 1056). Tra due battezzati il patto coniugale è sacramento (cf. canone 1055 § 2). Questa realtà matrimoniale sorge dal consenso delle parti, legittimamente manifestato tra un uomo e una donna giuridicamente abili. Il consenso è l’atto di volontà con cui l’uomo e la donna, con patto irrevocabile, danno e accettano reciprocamente se stessi per costituire il matrimonio (cf. canone 1057).
Dal patto coniugale sorge una realtà indissolubile e, se rato et consummato, non può essere sciolto da nessuna autorità umana. In tale orizzonte pastorale, svolgono il loro ministero i Tribunali Ecclesiastici, offrendo ai fedeli un servizio per la ricerca della verità sulla loro situazione matrimoniale. Quando un Tribunale Ecclesiastico emette una sentenza sulla nullità o meno di un matrimonio, dichiara che dalla celebrazione del matrimonio è scaturito un  vincolo valido oppure nullo. Per tale motivo, non esiste un ‘annullamento‘ del matrimonio (sebbene nell’uso corrente questo modo errato di dire sia ampiamente diffuso), bensì una ‘dichiarazione di nullità‘ del matrimonio.

Possibili motivi di nullità del matrimonio:

La celebrazione del matrimonio richiede che il consenso sia posto tra un uomo e una donna giuridicamente abili (ossia non inabilitate da impedimenti) e secondo le solennità previste dalla legge (in ossequio cioè alla forma canonica). I motivi di nullità del matrimonio riguardano, pertanto, la mancanza della forma canonica, la presenza di impedimenti dirimenti non dispensati, un vizio o difetto del consenso.
Non vanno poi dimenticate altre situazioni in cui esistono le condizioni per chiedere la concessione della dispensa per un matrimonio non consumato oppure non sacramentale.

1) Gli impedimenti

La presenza di un impedimento in uno dei due contraenti al momento del consenso rende nullo il matrimonio (canone 1073), salvo dispensa dall’impedimento quando questa è possibile.
Gli impedimenti possono riguardare la capacità personale al matrimonio e avere origine da un comportamento delittuoso oppure sorgere da un vincolo familiare. Tra i più rilevanti si ricordano:

    1. Età: l’età minima prevista per l’uomo è di 16 anni, mentre per la donna è di 14 anni (cf. canone 1083). La Conferenza Episcopale Italiana, per la liceità, richiede per entrambi la maggiore età.
    2. Impotenza assoluta e perpetua (canone 1084), ossia la mancanza di capacità di porre l’atto sessuale naturale nell’ambito del concreto rapporto coniugale. La sterilità non rientra in tale fattispecie.
    3. Vincolo ancora sussistente di un precedente matrimonio valido (canone 1085). Si richiama la realtà dell’indissolubilità del matrimonio;
    4. Ordine sacro (canone 1087) o voto pubblico perpetuo di castità emesso in un Istituto religioso (canone 1088);
    5. Disparità di culto, ossia la mancanza del battesimo di uno dei due contraenti (canone 1086). In tale modo si intende favorire la vita di fede della parte cattolica; inoltre si è consapevoli della prevedibile maggiore difficoltà nella realizzazione della comunione di vita del matrimonio in presenza di grosse disparità in merito alla fede religiosa. A particolari condizioni è possibile la dispensa (canoni 1127-1129 e Decreto generale sul matrimonio canonico, nn.48-52).
    6. Legame di consanguineità in linea retta e fino al quarto grado incluso della linea collaterale (canone 1091);
    7. Legame di affinità in linea retta (canone 1092), ossia tra il futuro marito/moglie e ascendenti o discendenti della futura moglie/marito (Decreto generale sul matrimonio canonico, n.39);
    8. Legame di parentela legale che sorge da adozione, o in linea retta o nel secondo grado della linea collaterale (canone 1094).

 

2) La forma canonica

La forma canonica deve essere osservata se almeno una delle parti contraenti il matrimonio è battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta  (canone 1117), salva la dispensa dell’Ordinario del luogo per gravi cause (cf. canone 1127 e Decreto generale sul matrimonio canonico, n.50).La forma canonica consiste nello scambio del consenso alla presenza dell’Ordinario del luogo o del parroco oppure del sacerdote o diacono delegati da uno di essi, i quali chiedono la manifestazione del consenso dei contraenti e la ricevono, in nome della Chiesa, alla presenza di due testimoni (canone 1108 § 1-2). Al matrimonio tra due parti orientali o tra una parte latina e una parte orientale cattolica o non cattolica, assiste validamente solo il sacerdote (canone 1108 § 3).

 

3) I vizi e i difetti del consenso (canoni 1095-1099 e 1101-1103 CIC)

Vista l’importanza del consenso matrimoniale come elemento fondamentale ed insostituibile per la costituzione del matrimonio, si è sempre prestata grande attenzione a questa realtà e a quello che, a vari livelli, può impedire l’emissione di un valido consenso. Nella maggior parte dei casi, poi, i capi di nullità del matrimonio riguardano possibili difetti e vizi del consenso. Essi possono sorgere da un’incapacità psichica, da un difetto volontario del consenso o da un vizio della libertà del consenso medesimo.
Prima di presentare brevemente i capi di nullità, si ricorda che – per esserci nullità del matrimonio – devono essere presenti al momento dello scambio del consenso.

  • L’incapacità psichica fa riferimento al canone 1095 ed è presente quando un nubendo (uno dei due contraenti), per cause di natura psichica:
    1. Manca del sufficiente uso di ragione (canone 1095 n.1) – e quindi non è capace di quell’atto di volontà che è il consenso matrimoniale – a seguito di malattie mentali o psicosi di tipo permanente, oppure anche per alterazioni delle facoltà mentali di carattere contingente e transitorio presenti nel soggetto al momento della prestazione del consenso matrimoniale;
    2. Presenta un grave difetto di discrezione di giudizio (canone 1095 n.2). Si intende con tale termine sia la capacità di sufficiente valutazione critica dei diritti e doveri essenziali del matrimonio, sia la libera autodeterminazione nel decidere e farsi carico della scelta del matrimonio;
    3. E’ incapace di adempiere, sempre per cause di natura psichica, uno o più obblighi essenziali del matrimonio (canone 1095 n.3), come ad esempio il bonum coniugum (il bene dei coniugi), la generazione ed educazione della prole, la fedeltà e l’indissolubilità.

L’incapacità deve essere presente al momento del consenso matrimoniale. Essa poi non deve essere confusa con una difficoltà, per quanto consistente, a valutare criticamente e liberamente e ad assumersi la scelta matrimoniale o ad adempiere le obbligazioni essenziali della medesima. Per la valutazione della causa psichica e della sua gravità, nel corso dell’istruttoria (e talvolta anche nella fase preliminare), si ricorre all’ausilio di un perito.

  • La simulazione del consenso – canone 1101 § 2 – ossia la discrepanza tra consenso interno dell’animo e parole o segni adoperati nel celebrare il matrimonio. Siamo alla presenza di un atto positivo di volontà, ossia di una scelta determinata della volontà effettiva del contraente, una vera decisione con cui si esclude il matrimonio stesso (simulazione totale) oppure una sua proprietà o elemento essenziale (simulazione parziale). Tale atto di volontà può essere posto in modo esplicito (diretto immediatamente verso l’oggetto dell’esclusione) oppure implicito (diretto solo mediamente ad esso), attuale oppure virtuale (ossia posto e non revocato in seguito, per cui continua a produrre il suo effetto). Vediamo brevemente i diversi capi di nullità:
    1. Si ha simulazione totale quando si nega la coniugalità del proprio consenso, da cui non si vuole far derivare alcun obbligo, bensì solo eventualmente qualche vantaggio estrinseco, per esempio di natura sociale o patrimoniale o in caso di esclusione della sacramentalità del matrimonio (oin questo caso si potrebbe paventare anche un’ipotesi di simulazione parziale del consenso).
    2. Si parla di simulazione parziale quando il soggetto vuole il matrimonio, ma lo priva positivamente di un suo elemento o proprietà essenziale. Così, si esclude:
      • La prole
      • L’indissolubilità, con la volontà determinata di non impegnarsi per sempre, per un motivo ideologico oppure pratico, indipendentemente da come si intenda poi liberarsi dal vincolo (per esempio tramite il divorzio);
      • L’unità/fedeltà
      • L’ordinazione al bonum coniugum
  • Esistono infine i vizi e difetti che intaccano la libertà del consenso:
    1. La violenza fisica o il timore grave (canone 1103). Quest’ultimo deve essere grave (oggettivamente o in riferimento al soggetto concreto), non intrinseco (quindi indotto dall’esterno da uno o più soggetti specifici) e anche non intenzionale al matrimonio da parte dell’inducente. Per liberarsi dal timore la persona è costretta a scegliere il matrimonio. Il timore può essere anche reverenziale, nel qual caso l’oggetto del timore è la perdita del rapporto di predilezione con colui che lo induce;
    2. L’errore sulla persona (canone 1097 § 1), ossia sulla sua identità fisica, non sulla sua personalità;
    3. L’errore di fatto circa una qualità personale dell’altro contraente (canone 1097 § 2), qualora questa qualità sia voluta in modo diretto, quindi esplicitamente, e principale, ossia prevalente rispetto all’oggetto istituzionale del consenso. In altre parole, la qualità – non frivola o banale – viene posta dal contraente come oggetto sostanziale del consenso medesimo, con la conseguente “strumentalizzazione” a essa della persona dell’altro;
    4. Il dolo (canone 1098), ossia un errore indotto dolosamente (dall’altro nubente o da terzi) per ottenere il consenso matrimoniale, errore riguardante una qualità fisica o morale dell’altra parte che, per sua natura, può perturbare gravemente la vita coniugale;
    5. L’apposizione di condizioni al consenso (canone 1102), nel qual caso si fa dipendere l’efficacia giuridica del consenso da un fatto ad esso esterno; la condizione può essere propria, ossia de futuro, oppure impropria, ossia de preteritode praesenti. Nel primo caso, se posta, la condizione comporta la nullità del matrimonio. Nel secondo caso, il suo effetto dipende dall’adempimento o meno della condizione posta, anche se per la liceità serve la licenza scritta dell’Ordinario del luogo.

 

Il matrimonio rato e non consumato

La dispensa

In presenza di un matrimonio non rato (cioè non sacramentale) o non consumato, è possibile chiedere la dispensa. Si tratta di una grazia che viene concessa al termine di un procedimento amministrativo (non giudiziale, come invece avviene per le cause di nullità matrimoniale) qualora siano presenti determinate condizioni.

  • Matrimonio non sacramentale
    Il matrimonio non sacramentale è quello contratto tra una parte battezzata e l’altra non battezzata, oppure tra due non battezzati. Pur godendo di una indissolubilità intrinseca, a determinate condizioni può essere sciolto dal Romano Pontefice o ipso iure nel momento della celebrazione di un nuovo matrimonio cui l’autorità ecclesiastica ha ammesso il battezzato (canoni 1143-1150).
  • Matrimonio non consumato
    Il matrimonio non consumato tra battezzati o tra una parte battezzata e una non battezzata, può essere sciolto per giusta causa dal Romano Pontefice (Privilegio Paolino), su richiesta di una o di entrambe le parti (canoni 1142 e 1697-1706 e Decreto generale sul matrimonio canonico, nn.63-66). Per consumazione del matrimonio si intende il compiere tra i coniugi, «in modo umano, l’atto coniugale per sé idoneo alla generazione della prole, al quale il matrimonio è ordinato per sua natura, e per il quale i coniugi divengono una sola carne» (canone 1061 § 1). In tal modo si evidenzia l’importanza della consumazione per il raggiungimento del significato interpersonale e simbolico della donazione coniugale.

 

Gli effetti della dichiarazione di nullità

  • Effetti religiosi: quando un matrimonio è dichiarato nullo, le parti acquisiscono lo stato di ‘libero’ dal vincolo coniugale e possono celebrare validamente un matrimonio sacramentale. Dopo la dichiarazione di nullità, tutte le coppie che abbiano già contratto matrimonio civile possono sposarsi in chiesa (evidentemente se entrambi sono ‘liberi’ per la legge canonica).
  • Effetti civili: le decisioni prese dal Tribunale Ecclesiastico possono essere riconosciute dallo Stato Italiano tramite un procedimento detto ‘delibazione‘. Tale procedimento non è automatico, in quanto deve essere attivato da almeno una delle parti. Il giudizio se riconoscere o no le decisioni ecclesiastiche spetta al Giudice italiano della competente Corte di Appello. La delibazione può sortire degli effetti di tipo economico, generalmente sull’assegno di mantenimento dell’ex coniuge. Tuttavia, nel caso in cui la questione economica fosse già stata risolta con la sentenza di divorzio, emessa dal tribunale civile, la delibazione non può in alcun modo modificare quanto già stabilito. 
  • Effetti sui figli: la legislazione italiana non prevede alcuna discriminazione tra figli nati fuori del matrimonio e figli nati da genitori separati o divorziati. La dichiarazione di nullità del matrimonio, pertanto, non ha alcun effetto sul rapporto genitori-figli, che è garantito dalla legge italiana. Anche nella Chiesa i figli rimangono tali per sempre e a carico dei genitori restano tutti gli obblighi educativi ed economici.
TRIBUNALE ECCLESIASTICO INTERDIOCESANO E DI APPELLO DI BENEVENTO
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